Immagine di un concerto degli U2 ripresa da posizione molto distante rispetto al palcoscenico su cui campeggiano grandi schermi che diffondono immagini più ravvicinate della band. La musica è arte e il rock è una filosofia di vita.

Rock

La musica rock è una filosofia di vita. Questa è un’indagine sul rock come filosofia della CURA DI SÉ. Per cogliere quest’ottica è necessario non lasciarsi fuorviare dall’immagine dissipata e scapestrata della dimensione rock. Intanto perché l’espressione CURA DI SÉ noi non la riferiamo a salutismo e benessere quanto, invece, al compimento di sé stessi e alla conquista di un’autonomia di pensiero e comportamento. E, poi, perché il percorso della consapevolezza e della crescita passa, spesso, da fasi acute di confusione, di angoscia e smarrimento (si matura superando incertezze e turbamenti). Infine, se il rock è, al tempo stesso, un po’ CURA DI SÈ (indagine interiore) e un po’ INCURIA DI SÈ (disorientamento prima di trovare la strada), ciò è perfettamente in linea con il suo carattere controcorrente, spiazzante e anticonvenzionale. Molto spesso si arriva a prendersi pienamente CURA DI SÈ dopo essersi per lungo tempo sprecati e trascurati.

Qui l’elenco dei brani presenti in questa sezione.

PINK FLOYD

Qui il video su -> YouTube

Comfortably numb” (“Piacevolmente insensibile”) dal doppio album The Wall, 1979 .

Copertina del doppio album "The Wall" dei Pink Floyd
Composizione fotografica di due copertine del doppio album “The Wall” (1979) dei Pink Floyd contenente “Comfortably numb”.
IS THERE ANYBODY IN THERE?

Un corpo giovane, ma provato, svuotato. Testa reclinata. Occhi socchiusi, assenti. Braccia abbandonate sui fianchi. E’ questo un uomo? Una rockstar?

La domanda bussa e rimbomba: “c’è qualcuno qui dentro?”. Ma, il contenitore in pelle e ossa, appare privo d’ogni contenuto vigile. L’anima di quel corpo sdraiato è ora altrove. Ma lui non è morto. Forse peggio: è snaturato, saccheggiato, devitalizzato. Non c’è alcuna traccia in lui della CURA DI SÉ.

Comfortably numb” di Roger Waters (parole) e David Gilmour (musica) è al vertice di questa rassegna sul rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ (“epimeleia heautou“). Lo è perché dentro a tanti corpi umani ci sono anime in affanno, martoriate, in crisi. Faccenda frequente anche quando i corpi non mostrano ferite e sfinimento.

La domanda “c’è qualcuno qui dentro?” deflagra con potenza evocativa nel film del 1982 Pink Floyd – The Wall, diretto da Alan Parker, successivo al lavoro dei Pink Floyd (album doppio) The Wall del 1979, in cui il brano “Comfortably Numb” occupa poco meno di sei minuti e mezzo.

Is there anyone home?

La richiesta di un segno di vita viene dal medico (al quale dà voce Roger Waters) chiamato a rianimare il musicista tramortito. L’artista agonizzante è Pink, interpretato nel film (nelle parti da adulto) da Bob Geldof, ex giornalista del periodico musicale britannico New Musical Express, cantante dei Boomtown Rats (fra le loro tracks più note “I don’t like mondays“) e promotore – con Midge Ure – del più grande evento nella storia del rock (insieme a Woodstock, 1969) cioè Live Aid nel 1985. Per inciso: l’organizzazione di Live Aid è un caso di rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ. Impegnarsi in un evento mondiale di generosità, di attenzione verso chi è in difficoltà (tutto inizia con una gravissima carestia in Etiopia) e di raccolta fondi a scopi umanitari significa anche coltivare la parte migliore di sé, uscire dal proprio guscio, lavorare sulla propria anima.

Pink è un alias di Roger Waters (ma con la voce di David Gilmour). A un certo punto, Pink collassa per stress, ansia e abuso di sostanze varie. La rockstar crolla poco prima di un’importante esibizione pubblica a cui il manager (interpretato nel film da Bob Hoskins) vuole assolutamente farla partecipare, nonostante il suo stato pietoso.

L’angosciante situazione prende spunto da un’esperienza dello stesso Waters: durante il tour del 1977 (per la promozione dell’album Animals dei Pink Floyd), un dottore deve iniettargli sostanze medicinali, prima d’un concerto a Philadelphia.

Immagine fotografica in bianconero di Roger Waters in primo piano davanti a un microfono.
Roger Waters in concerto.
When I was a child I had a fever

Il malessere di Pink viene da lontano. Già dalla sua adolescenza. E ora è amplificato dal muro (the wall) di incomunicabilità intorno a sè. Patisce la difficoltà di stare al mondo, di accettarne le prassi e abitudini, di rapportarsi a un esercito di fantocci. Insomma, lotta con la realtà circostante, ma pure con sé stesso, con le proprie angosce, con le proprie emozioni. Rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ vuol dire riconoscere le proprie carenze e disagi, guardare in faccia le proprie debolezze, esporle per poter lavorare sulla propria anima.

Pink avrebbe bisogno di prendersi CURA DI SÉ, nel senso filosofico di duemila anni fa (quando la filosofia era anche psicologia, formazione alla carriera pubblica e scuola di vita). In poche parole, Pink avrebbe necessità di compiere un lavoro sulla propria anima. Dovrebbe affrontare i suoi troppi nodi irrisolti, mettersi alla prova e superare la sofferenza perseguendo una non più rinviabile crescita personale.

Invece, mentre il dottore lo incalza per scuoterlo e rimetterlo in piedi (“Well I can ease your pain / Get you on your feet again”), lo stordito musicista rivendica lo stato di obnubilamento come apprezzabile conquista (“I have become comfortably numb”). Il senso è: meglio essere fuori di sé quando il “sé” causa solo strazi mentali. Naturalmente, questa posizione è comprensibile, ma da respingere: sarebbe una deplorevole resa, una rinuncia a sé stessi (“This is not how I am”).

Can you stand up?

Anche la soluzione transitoria proposta dal medico è inaccettabile (“Just a little pinprick / There’ll be no more, ah”). Rimettersi in piedi, con un’iniezione, solo per portare a termine il concerto, accontentando fans e manager, non risolve nulla.

Una vera svolta esistenziale dipende da seri e profondi investimenti da compiere su di sé. E i tempi di questo “lavoro” sono piuttosto lunghi. Rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ è una scelta di vita di lungo periodo e di non poco coinvolgimento.

In pratica, l’uovo di oggi (iniezione e momentanea ripresa) non è davvero un uovo e, comunque, pregiudica pure la gallina di domani (quante siringhe di quel genere può sostenere l’organismo umano?). La scorciatoia di potenti farmaci capaci di rimettere in piedi una persona, per qualche ora, può facilmente assuefare e indebolire ogni forza di volontà. Inoltre, può distogliere dal più complesso (ed enormemente più valido) lavoro di riconquista di sé stessi. E della propria dignità umana.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di COMFORTABLY NUMB.


DAVID BOWIE

Qui il video su -> YouTube

Heroes” (“Eroi”) dall’album “Heroes”, 1977 .

Immagine fotografica con filtro "retro" della copertina dell'album "Heroes" di David Bowie.
Elaborazione grafica della copertina dell’album “Heroes” (1977) di David Bowie contenente la title track.
I CAN REMEMBER STANDING BY THE WALL

Ci sono molti punti in comune fra questa opera musicale del Duca Bianco (scritta con Brian Eno) e “Comfortably numb” dei Pink Floyd. Uno dei collegamenti sta nel verso qui sopra ripreso come titolo del paragrafo (“Posso ricordare quando stavamo vicino al muro“). Il muro a cui allude David Bowie è il famigerato Muro di Berlino mentre quello del brano di Roger Waters e David Gilmour è il muro della incomunicabilità a cui si ispira l’intero doppio album The Wall (1979).

Un altro punto in comune è la situazione esistenziale in cui si trova Bowie nel periodo berlinese di “Heroes” (titolo sia del singolo sia dell’album in cui il brano è contenuto) e lo stato d’animo espresso da Waters tramite il personaggio Pink (il quale fa riferimento anche a Syd Barrett, co-fondatore dei Pink Floyd). Parliamo di anime tormentate, di individui afflitti da serpeggianti malesseri e da abusi di sostanze varie, nonostante (o forse a causa di) successi e affermazioni artistiche straordinarie.

L’apparente assurdità delle circostanze sta nel dolente affanno esistenziale di Waters e Bowie, a dispetto delle loro invidiabili fortune economiche e artistiche. Ma ciò dimostra una semplice verità: nulla compensa (non il denaro e non la popolarità) un mancato percorso di maturazione personale nel segno della filosofia socratica e della CURA DI SÉ.

Filosoficamente, CURA DI SÉ significa conoscenza profonda del proprio io, accudimento diligente della propria interiorità più autentica, sviluppo pieno della spiritualità innata nei viventi (armonia col tutto), rispetto di tempi e ritmi naturali. Da questo punto di vista, è facile comprendere come denaro e successo possano diventare tremendi ostacoli rispetto a un tragitto di crescita interiore. Questo spiega lo strazio di tante star “travolte” (non favorite) da fama e affermazioni d’ogni tipo, al punto da giungere, in vari casi, all’autodistruzione o al suicidio.

We can beat them, just for one day

Il mood di cui è imbevuto “Heroes” è marcatamente cupo e decadente (si veda anche l’iconografia in bianconero dell’intero progetto artistico). Tuttavia, resta qualche spazio per slanci positivi e sprazzi d’ottimismo (“Though nothing will drive them away / We can beat them, just for one day”). Rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ è un concetto applicabile sia alla mancanza della cura (scoprire il problema) sia al percorso della cura (affrontare il problema).

I nemici del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ (i nemici sottintesi da Bowie sono i poteri dispotici e i sistemi sociali opprimenti) non possono essere annientati. Tuttavia, l’amore dei singoli individui (amore è CURA DI SÉ) può sconfiggerli, almeno per un giorno, trasformando persone qualsiasi in eroi della quotidianità (“We can be heroes, just for one day”). Addirittura, nel prosieguo del testo bowiano, si passa dal trionfo limitato a un solo giorno a una vittoria perpetua (“We can be heroes for ever and ever”).

Per la verità, in chiusura del brano, come nella chiusura di un cerchio, si torna a un più laconico realismo (“We’re nothing, and nothing will help us”).

Immagine fotografica in bianconero (primo piano) di David Bowie in concerto.
David Bowie in concerto.

I, I will be king, and you, you will be queen

Ci sono due motivi a sostegno del drive speranzoso di alcuni passaggi in “Heroes”.

Uno dipende dal recupero psicofisico di Bowie, impegnato – nel periodo berlinese – in un percorso di CURA DI SÉ (con alterne fortune).

L’altro è connesso all’origine stessa della canzone. Infatti, l’idea sorge in David Robert Jones (vero nome di Bowie) vedendo due amanti baciarsi teneramente a pochi passi dal muro di separazione delle due Germanie di allora. Il rocker britannico alloggia, in quel momento, a Berlino Ovest, in un appartamento economico situato sopra un’officina di riparazioni per auto.

Anni dopo, Bowie rivela l’identità della coppia di amanti: si tratta di Tony Visconti (suo amico e produttore) e della corista Antonia Maass, impegnata anch’ella nella registrazione del disco. Il dettaglio viene rivelato dal cantautore londinese solo nel 2003, poiché all’epoca del “bacio galeotto” Visconti è sposato con Mary Hopkin.

Bowie realizza tre album in Germania: Low (1977), “Heroes” (1977) – le virgolette fanno parte integrante del titolo ufficiale – e Lodger (1979).

Ecco, con i primi due brani di questo capitolo del sito, si è già delineato un possibile percorso di vita rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ. Siamo passati da uno stato “comfortably numb” – comodamente apatico – (vedi il paragrafo precedente) a una reazione più vitalistica, a una possibilità di riscatto, a un’affermazione da “heroes” (eroi)… almeno per un giorno.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di HEROES.


TEARS FOR FEARS

Qui il video su -> YouTube

Mad world” (“Pazzo mondo”) dall’album The Hurting, 1983 .

Immagine fotografica della copertina dell'album "The Hurting" dei Tears for Fears.
Elaborazione grafica della copertina dell’album “The Hurting” (1983) dei Tears for Fears contenente “Mad world”.
WHEN PEOPLE RUN IN CIRCLES IT’S A VERY, VERY MAD WORLD

L’immagine di un pazzo mondo dove la gente corre in circolo (quindi senza una vera meta) è al centro di questo primo grande successo dei Tears For Fears. E’ una scena a cui assiste ogni giorno, dalla finestra di casa, il cantante e chitarrista Roland Orzabal, all’inizio degli anni Ottanta.

L’idea di un vuoto e ripetitivo circo quotidiano collega subito “Mad world” al brano precedente di questa rassegna (“Heroes” di David Bowie). Infatti, anche la title track dell’album bowiano del 1977 prende spunto da una scena a cui assiste l’autore. Ma, soprattutto, Bowie invoca proprio una rottura della scialba routine quotidiana chiedendo a tutti di provare a diventare “eroi” anche per un solo giorno.

All’epoca di “Mad world“, Orzabal, ex componente del gruppo mod revival Graduate (in cui militava con il bassista Curt Smith – poi con lui nel successivo progetto musicale dei TFF – e con altri tre musicisti), vive a Bath. Il suo appartamento si trova sopra a una pizzeria e lui, piuttosto squattrinato, resta colpito dal ripetitivo rito quotidiano di chi si affanna per andare al lavoro (“Bright and early for their daily races / Going nowhere, going nowhere”). Orzabal è all’inizio di un cammino rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

And I find it kind of funny

La denuncia di un mondo borghese, prigioniero delle sue forzose prassi collettive, è un tema assai comune nel rock, anzi è proprio la sua “base ideologica”. Qui è direttamente collegabile all’intero doppio album The Wall dei Pink Floyd (vedi il brano “Comfortably numb” in apertura di questa sezione del sito). L’opera rock della band fondata da Syd Barrett – sia nella sua espressione discografica (1979) sia in quella cinematografica (1982) – trabocca di scherno e disprezzo verso ipocrisie, convenzioni, pratiche consunte dal tempo. In particolare, sono sotto accusa l’istruzione scolastica, il meccanismo commerciale dello show business e la spaventosa follia della guerra. Roger Waters dei Pink Floyd perde il padre nella seconda guerra mondiale quando il futuro musicista ha solo cinque mesi di vita. Il sottotenente Eric Fletcher Waters, nato il 12 dicembre 1914, muore in combattimento ad Aprilia, dopo lo sbarco di Anzio, il 18 febbraio 1944.

Proprio come le persone a cui fa riferimento Orzabal (“All around me are familiar faces / Worn out places, worn out faces”), intrappolate dai loro fatui obblighi lavorativi, anche Pink (il musicista protagonista della narrazione floydiana) è stritolato da meccanismi stolti ma invincibili, capaci di soverchiare ogni istanza autenticamente umana. Siamo nel cuore del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

Pink deve essere rianimato con potenti iniezioni di sostanze stimolanti per non mancare il concerto programmato la sera stessa (e i conseguenti proventi economici a cui tengono, sfacciatamente, le persone del suo entourage).

Immagine fotografica in bianconero di Roland Orzabal e Curt Smith dei Tears for Fears.
Roland Orzabal e Curt Smith dei Tears for Fears.

No expression, no expression

Un importante riferimento letterario viene in mente leggendo “Mad world” (il brano è cantato non da Orzabal ma da Curt Smith). E’ la poesia “The Hollow Men” (1925) di T. S. Eliot. Non ci sono dubbi sulla somiglianza fra le facce consunte (“Worn out faces”) descritte da Orzabal e gli uomini vuoti, impagliati (“We are the hollow men / We are the stuffed men”) della celebre lirica firmata Eliot.

La musica di “Mad world” è stata composta da Orzabal pensando allo stile di “Girls on film” dei Duran Duran. La circostanza è stata confidata dallo stesso autore e deve essere collocata in un periodo musicale in cui cresce l’interesse verso le forme musicali della new wave britannica (inizi anni Ottanta).

I Tears For Fears parlano spesso del loro interesse verso le tesi dello psicoterapeuta e scrittore americano Arthur Janov, autore di The Primal Scream in cui teorizza una CURA DI SÉ basata sull’espressione piena e gridata (scream = urlo) di particolari ricordi problematici risalenti all’infanzia. Fra le rockstar interessate alle argomentazioni di Janov ci sono anche John Lennon e Yoko Ono. Insomma, stiamo parlando di Janov quale esponente (non del tutto collaterale) del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ. In “Mad world“, il verso “the dreams in which I’m dying are the best I’ve ever had” sembra proprio alludere al potere positivo di tutti i sogni (intesi come espressioni liberatorie) il cui tema sono esperienze particolarmente intense (persino la propria morte).

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di MAD WORLD.


JOHNNY CASH

Qui il video su -> YouTube

Hurt” (“Ferito”) dall’album American IV: The Man Comes Around, 2002 .

Immagine fotografica della copertina dell'album "America IV: The Man Comes Around" di Johnny Cash.
Copertina dell’album “American IV: The Man Comes Around” (2002) di Johnny Cash contenente la cover di “Hurt” di Trent Reznor (Nine Inch Nails).
I HURT MYSELF TODAY, TO SEE IF I STILL FEEL

Non è frequente il caso di cover capaci di superare in potenza, efficacia e successo la versione originale. Superata da una riproposizione, particolarmente ispirata, di Johnny Cash, è “Hurt” di Trent Reznor, in origine nell’album The Downward Spiral (1994) della band americana Nine Inch Nails.

Reznor si dice molto scettico quando il produttore discografico Rick Rubin gli prospetta l’idea di una interpretazione della sua “Hurt” da parte di Johnny Cash. Poi, ascolta la sconvolgente versione realizzata dal leggendario cantautore dell’Arkansas e ne ammette, senza remore, la superiorità rispetto alla propria (“da questo momento Hurt non è più mia”).

Ciò non toglie a Reznor il merito di aver scritto un capolavoro di drammatica intensità, a cui Rubin rivolge l’attenzione perché la fase esistenziale in cui si trova Cash all’inizio del terzo millennio è assai profonda e cupa. Rick Rubin è il producer a cui si deve (con Russell Simmons) la nascita dell’etichetta Def Jam Recordings, e, in quella fase, sta dando vita a un’ennesima rifioritura artistica di Cash. È una ripartenza drammatica per Cash poiché, stavolta, tutti conoscono le precarie condizioni di salute dell’artista noto come “the man in black” (riferimento agli abiti neri da lui preferiti on stage negli anni Settanta).

I focus on the pain, the only thing that’s real

La canzone precedente di questa nostra carrellata rock (“Mad world“) è nell’album The Hurting (La Sofferenza) pubblicato dai Tears for Fears nel 1983, come debutto della loro carriera discografica in studio. Qui trattiamo di “Hurt” (ferito, sofferente), restando nello stesso filone tematico di interiorità tribolate e dolenti. Quindi, ancora una volta, siamo in pieno nella dimensione del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

Hurt“, frutto della vena creativa di Trent Reznor dei Nine Inch Nails, si collega ampiamente anche a Heroes di David Bowie. Infatti, a metà degli anni Novanta, i Nine Inch Nails aprono i concerti di un tour di David Bowie e quest’ultimo canta proprio “Hurt” (fresca di pubblicazione nell’album The Downward Spiral) in duetto con l’autore Reznor. L’arrangiamento bowiano di queste versioni live è particolarmente ipnotico. Nel testo resta il verso originale “I wear this crown of shit” poi trasformato in un più soft “I wear this crown of thorns” nella versione di Cash.

C’è un punto di contatto anche fra i Nine Inch Nails e il film Pink Floyd – The Wall (1982). Infatti, Trent Reznor attribuisce alla scena in cui il protagonista del film, Pink, distrugge una stanza d’albergo (durante uno dei suoi impulsi distruttivi e autodistruttivi), l’idea portante del doppio album The Fragile (1999). Evidente l’apparentamento al tema del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

The needle tears a hole, the old familiar sting

Nel 1997, viene diagnosticata a Cash (nato a Kingsland il 26 febbraio 1932) una forma di atrofia multi-sistemica. E’ l’inizio della fine per l’artista di “Ring of Fire” (1963), scritta dalla sua seconda moglie June Carter Cash e da Merle Kilgore. Tuttavia, prima di arrendersi alla malattia, l’uomo combatte e riga dritto, “in linea” con il titolo del suo altro grande successo “I Walk the Line” (1956), anche se l’impegno “io rigo dritto” era originariamente una promessa alla prima moglie, Vivian Liberto, come patto di fedeltà (evidentemente disatteso).

Nella fase terminale del suo cammino terreno, Cash realizza gli album American III: Solitary Man (2000) e American IV: The Man Comes Around (2002). Quest’ultima opera include, oltre a quella di “Hurt“, anche la cover di “Personal Jesus” dei Depeche Mode. Questi due lavori di Cash sono pietre miliari della musica americana, precedute dai capitoli Uno e Due: American Recordings (1994) e Unchained (1996). Nel secondo album della serie (Unchained), c’è da ricordare la partecipazione di Tom Petty and the Heartbreakers, di alcuni membri dei Fleetwood Mac e di Marty Stuart (la cui prima moglie, dal 1983 al 1988, è Cindy Cash, figlia di Johnny Cash).

La tenacia lavorativa espressa da Cash a fine carriera rispecchia i canoni del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ. Rispetta anche un impegno nei confronti della moglie (stavolta si parla della seconda moglie, June, scomparsa il 15 maggio 2003, a 73 anni). È lei, prima di lasciare questo mondo, a chiedere a Cash di continuare a lavorare con la musica, cioè di continuare a essere sé stesso. Con tale ulteriore sprone, Cash completa circa 60 canzoni nei propri ultimi 4 mesi di vita. Muore il 12 settembre 2003 a 71 anni, per complicanze da diabete, quattro mesi dopo la scomparsa della moglie June. Due ulteriori album postumi completano (portandone il totale a sei) la serie American Recordings: A Hundred Highways (2006) e Ain’t No Grave (2010).

Elaborazione grafica di una immagine in bianconero di Johnny Cash degli anni Settanta.
Johnny Cash negli anni Settanta.
Try to kill it all away, but I remember everything

Inutile girarci intorno: continuare a incidere canzoni, quando si è ormai su una sedia a rotelle, consci di una condizione fisica in rapido deterioramento, è un atteggiamento coerente con il concetto del rock stoico (post socratico) come filosofia della CURA DI SÉ. Cash chiede esplicitamente al produttore Rubin di impegnarlo ancora nel lavoro musicale durato una intera vita, altrimenti morirebbe (di disperazione) ben prima. E, poi, vuole chiudere la sua avventura terrena da artista, senza scivolare nell’inedia. Anche un modo per ringraziare la musica, a cui deve tantissimo (anzi: tutto). Vuole dare il meglio di sé, alla musica e al pubblico.

La strepitosa versione di “Hurt” è il canto del cigno di Johnny Cash, al quale i concetti di “risparmio” e “convenienza” sono ignoti. Mentre canta questo brano amaro e struggente, l’artista sembra condensare in pochi minuti tutta la sua vita di alti e bassi – 90 milioni di dischi venduti ma anche sette arresti (per ubriachezza, guida pericolosa, possesso di sostanze stupefacenti) – sempre vissuta a modo suo (cit. “My way” cantata da Frank Sinatra).

Una nota finale merita il video ufficiale, straripante di suggestioni e davvero commovente. Nel lavoro videografico firmato da Mark Romanek, Cash appare incredibilmente dignitoso e intenso, mentre esegue il brano nella sua casa di Hendersonville (Tennessee) vicino all’Old Hickory Lake, davanti a una sontuosa “ultima cena” non consumata. Aggiunge una ulteriore nota tragica a tutta questa storia, l’incendio da cui l’abitazione viene poi distrutta nel 2007. Tutto alla fine diventa cenere. Ma non la musica.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di HURT.


QUEEN

Qui il video su -> YouTube

Who wants to live forever” (“Chi vuole vivere per sempre”) dall’album A Kind of Magic, 1986 .

Elaborazione grafica della copertina dell'album dei Queen "A Kind of Magic" (1986) in cui è contenuta "Who wants to live forever".
Elaborazione grafica della copertina dell’album “A Kind of Magic” (1986) dei Queen contenente “Who wants to live forever”.
THERE’S NO TIME FOR US, THERE’S NO PLACE FOR US

La morte aleggia crudele e beffarda su questo brano.

La proposta musicale precedente, in questo capitolo di sokratiko.it (“Hurt” di Trent Reznor nell’interpretazione di Johnny Cash del 2002), è la prova definitiva di un grande artista in dirittura d’arrivo. Cash esegue il brano con il “pathos” toccante di un testamento musicale e umano, poco prima della propria morte. Aggiunge il proprio carico di dolore (è malato da tempo) a un testo, già amaro, firmato dal leader dei Nine Inch Nails. Misurandosi con “Hurt“, l’artista di “Folsom prison blues” (la scomparsa di Cash avviene pochi mesi dopo, il 12 settembre 2003) continua nel solco del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ. Il suo produttore Rick Rubin racconta di ripetute sollecitazioni ricevute da Cash per farlo lavorare, tenerlo impegnato, mantenerlo in vita grazie all’arte delle sette note. Probabilmente, come tutti, vorrebbe vivere per sempre. Ci riesce restando imperituro nel ricordo di chiunque ami la musica.

L’astrofisico Brian May sconvolge il luogo comune sull’umano desiderio di immortalità. Come co-fondatore e chitarrista dei Queen scrive, nel 1986, “Who wants to live forever“.

What is this thing that builds our dreams, yet slips away from us

Nel titolo non c’è il punto interrogativo, tuttavia il brano riecheggia una essenziale domanda esistenziale. Vorremmo, davvero, vivere per sempre? Chi lo vuole sul serio? Qui ci si potrebbe riallacciare a un altro brano di questa sfilza di eccellenze musicali, “Mad world” dei Tears for Fears. Infatti, se fossimo immortali dovremmo sopportare senza scampo e senza fine questo “pazzo mondo”, all’infinito. Prospettiva allettante?

Non è un caso la paternità del brano dei Queen da parte di un musicista astrofisico: se morendo si diventa una stella in cielo, forse ciò è meglio rispetto a vivere in un mad world per sempre, senza scampo. Ma, quasi certamente, il riccioluto musicista (e grande difensore dei diritti degli animali) a cui è intitolato l’asteroide 52665 Brianmay non ha questo in mente quando compone “Who wants to live forever” mentre è seduto sul sedile posteriore di un’auto.

May scrive questa track per la colonna sonora del film Highlander. “Who wants to live forever” sottolinea musicalmente la parte della pellicola in cui Connor MacLeod deve sopportare l’invecchiamento e la morte dell’amata moglie Heather MacLeod. Lui, invece, è immortale e resta per sempre giovane. Di nuovo, ci si chiede se valga la pena desiderare una vita perenne, soprattutto se “This world has only one sweet moment set aside for us”. E di nuovo siamo nel tema del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

Forever is our today

La morte incombe su questo disco anche perché il frontman dei Queen, Freddie Mercury, qualche mese dopo, nel 1987, viene a sapere di essere affetto da AIDS e da altre gravi patologie collegate (come il sarcoma di Kaposi). Il cantante di origini parsi muore, poi, il 24 novembre 1991.

Il verso “forever is our today” appare profeticamente calzante: per noi mortali l’oggi vale quanto il “sempre”. Privilegiare il presente è un cardine del pensiero e del modo di vivere rock stoico (post socratico) come filosofia della CURA DI SÉ.

Pensare troppo al “domani” è un errore clamoroso, poiché non c’è alcuna garanzia di un “domani”. Figurarsi, poi, perdere tempo a vagheggiare di una immortalità non conseguibile in questa fugace e quasi ridicola dimensione terrena.

Elaborazione grafica di una immagine in bianconero dei Queen.
Immagine storica dei Queen.
But touch my tears with your lips

Sia la composizione musicale sia il video ufficiale sono realizzati con stile decisamente magniloquente, ovviamente in relazione alla collocazione del brano (di stile glam rock) nella colonna sonora di un film epico.

Who wants to live forever” si avvale di una sontuosa orchestrazione (curata da Michael Kamen) con l’impiego della National Philharmonic Orchestra, presente nel video con i suoi 40 coristi.

Le riprese per il video (diretto da David Mallet) si svolgono nel deposito (poi demolito) della Tobacco Wharf, nell’East End di Londra, il 16 settembre 1986.

In fin dei conti, queste scelte grandiose (e a tratti un po’ ampollose) stanno bene con un tema imperioso come la morte. E rendono unico questo pezzo di storia della musica.

Touch my world with your fingertips

C’è ampio riferimento alla morte nel paragrafo di questa sezione (vedi sopra) dedicato a “Hurt” nell’interpretazione da fuori classe di Johnny Cash. E noi definiamo stoico “the man in black” (soprannome di Cash) del quale vale anche la pena ricordare l’interpretazione di “Riders in the sky” (una delle più belle canzoni western il cui autore è Stan Jones). Cash è rock ed è stoico (quindi un alto rappresentante del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ) perché – musica a parte – nella sua vita ha sfidato una gran quantità di convenzioni e luoghi comuni. Cash è stoico perché continua a fare musica finché riesce a cantare (prima degli esiti fatali della sua incurabile malattia).

Freddie Mercury fa la sua parte. Innanzi tutto, non rende pubblico il proprio male finché le conseguenze sul suo corpo non appaiono innegabili. Continua a spendersi nella musica con dedizione. Se ne va con una dignità e una sobrietà capaci di rivelare la natura più autentica di Farrokh Bulsara (vero nome di Mercury), ben oltre l’istrionismo spesso sboccato e sfacciato del “mercuriale” personaggio pubblico.

Sia Johnny sia Freddie sarebbe difficile ascriverli a una galleria di grandi personalità del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ se non fosse per i rispettivi periodi conclusivi, risplendenti di ammirevoli decenza e fermezza. Le loro vite pubbliche sono al limite del criminale (Cash) e del circense (Mercury), ma quei due sono, evidentemente, molto più delle loro “public personae“.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di WHO WANTS TO LIVE FOREVER.


LED ZEPPELIN

Qui il video su -> YouTube

Stairway to heaven” (“Scalinata per il paradiso”) dall’album Led Zeppelin IV, 1971.

Elaborazione grafica della copertina dell'album "Led Zeppelin IV" dei Led Zeppelin.
Elaborazione grafica della copertina dell’album “Led Zeppelin IV” (1971) dei Led Zeppelin contenente “Stairway to heaven”.
WHEN ALL ARE ONE AND ONE IS ALL, YEAH

I versi finali di questo masterpiece della durata di quasi otto minuti sono probabilmente la chiave d’accesso a un testo altrimenti piuttosto oscuro ed enigmatico. Talmente indecifrabile da rendere imperativo l’avverbio da noi appena usato (“probabilmente“, per sottolineare come nell’interpretazione del testo non ci sia nulla di sicuro). Infatti, Robert Plant (parole) e Jimmy Page (musica) non risulta abbiano mai fornito interpretazioni definitive di “Stairway to heaven“. Anzi, mettendo insieme svariate dichiarazioni rilasciate per decenni dai due artefici principali del progetto Led Zeppelin, si ricava l’idea di frasi del brano musicale assemblate senza un obbiettivo preciso. Insomma, una serie di suggestioni, di flash evocativi, un’atmosfera sognante e allusiva, un “ethos“. D’altro canto, così dovrebbe sempre essere per ogni poesia, testi rock compresi. Talvolta le canzoni somigliano a micro narrazioni condensate, altre volte sono allusioni rarefatte e assai più enigmatiche. Qui siamo, in pieno, nel secondo caso.

La frase “quando tutto è uno e uno è tutto (yeah)” potrebbe annunciare un senso, un modo di vedere le cose della vita. Anche perché la frase stessa si colloca a poche parole di distanza dalla conclusione del brano, quasi come rivelazione a cui giungere dopo vari passaggi criptici, magari “iniziatici.

L’espressione “quando tutto è uno e uno è tutto (yeah)” suggerisce una dimensione olistica, affine ai dettami della CURA DI SÉ. Sembra si parli di un mondo in cui tutto è collegato inesorabilmente con conseguente annullamento di ogni separazione e, quindi, di ogni individualità (le quali sarebbero solo esperienze illusorie). Tale realtà unica e inseparabile può riferirsi al “qui e ora” oppure al “dopo vita”. Nella prima ipotesi (qui e ora), noi umani saremmo ingannati, senza scampo, dalla nostra mente “discorsiva” funzionante solo mediante la suddivisione in singolarità (parole) di un universo in sé compatto e unitario. Nella seconda ipotesi (dopo vita), la coesione di tutto si riferirebbe all’aldilà, quando finalmente ci si libera dagli inganni terreni (parcellizzati) e si riconquista l’unità delle cose. In questa seconda situazione, solo grazie alla morte tutto si rimette a posto, con una riconquista della coesione fondamentale.

There’s a lady who’s sure, All that glitters is gold

Il testo comincia mettendo in scena una misteriosa “lady”. Per questa “signora”, è oro tutta la materia scintillante. E fin qui nulla di strano. Sembra solo un riferimento alle lusinghe della società consumistica, capace di vendere come oro qualsiasi ridicolo e futile prodotto reso luccicante e attraente dal marketing.

Il verso “and she’s buying a stairway to heaven” introduce elementi ambigui. I casi sono due: si può intendere l’acquisto di una scalinata per il paradiso (da parte della “lady”) come ulteriore tassello del quadro commerciale. In tal caso, la signora penserebbe di poter comprare tutto, persino una scalinata verso il paradiso. Il verbo inglese “to buy” si usa non solo per “comprare”, ma anche per “credere”: “do you buy his words?” significa “credi alle sue parole?”. Così, si tratterebbe – sempre restando nella prima ipotesi – di un imperdonabile esempio di delirio d’onnipotenza da parte di una “lady” accecata dall’avidità.

Oppure (seconda ipotesi) la scena rappresenta un capovolgimento di prospettiva. La “lady” lascia perdere tutti gli oggetti luccicanti e seducenti, volgendo finalmente l’attenzione verso il paradiso (altra dimensione, altra mentalità, altro modo di intendere la realtà). Sarebbe una “illuminazione”, in linea con il rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

With a word she can get what she came for

Immediatamente dopo, nel testo, l’imprecisata figura femminile sembra esser preda di un’idea piuttosto precisa: “When she gets there she knows, If the stores are all closed, With a word she can get what she came for”.

Proviamo a interpretare i versi “quando arriva lì (in paradiso, ndt) lei sa, se tutti i negozi sono chiusi: con una parola può avere ciò per cui è venuta”. Una possibile lettura sviluppa l’idea di un cambio d’approccio da parte della “signora” inizialmente sedotta dagli oggetti scintillanti. Compra la scala per il paradiso perché lassù non importa avere soldi e trovare negozi aperti. Lassù una parola conta più del denaro e può farle ottenere ciò per cui si è rimessa in moto. Quindi, non sarebbe più interessata a cose acquistabili nei negozi.

Questa ipotesi interpretativa è perlomeno plausibile. Resterebbe da capire quale sia la parola magica e cosa stia cercando la “lady”.

There’s a sign on the wall

Il brano procede accennando a un segnale sul muro. Potrebbe trattarsi della parola magica (una sorta di password) con cui, in paradiso, la signora può ottenere quanto cerca. “But she wants to be sure” (“ma ella vuole esser certa”). Il motivo dell’incertezza associata al segno/parola sul muro viene confidato un passo dopo: “‘Cause you know, sometimes words have two meanings” (“perché, sai, talvolta le parole hanno due significati”).

Immediatamente dopo, Robert Plant introduce (nel suo testo) la presenza di un uccellino canterino su un albero nei pressi di un ruscello. Potrebbe trattarsi di un altro indizio per la “lady”. Il volatile potrebbe suggerire la “parola magica” se il segno sul muro risultasse inattendibile.

La strofa si conclude con una difficilissima “Sometimes all of our thoughts are misgiven”, quasi impossibile da tradurre poiché “misgiven” ha molti significati, sempre ricavabili da un contesto molto più ampio di quello offerto dalle sette parole del verso. Potrebbe significare “talvolta tutti i nostri pensieri generano sospetto”. E, in tal caso, sarebbe una chiosa allo smarrimento della “signora” dinanzi al segno sul muro e al canto dell’uccellino. Bisogna dar retta alla parola sul muro? Oppure ascoltare il canto dell’uccellino? Sono tracce o depistaggi? Dubbi e sospetti, in una situazione inedita e trasognata, sono legittimi.

Elaborazione grafica di una storica foto in bianconero dei Led Zeppelin.
Immagine storica dei Led Zeppelin.
Ooh, it makes me wonder

A questo punto, per due volte consecutive, a separazione della seconda strofa dalla successiva, c’è l’invocazione “ooh, mi viene da pensare”.

Qui l’uso di “wonder” carica l’esclamazione di una vaga meraviglia (“ooh, mi fa meravigliare”) e di una certa indeterminatezza (“ooh, mi fa chiedere a me stesso”).

Per altre tre volte, poi, il testo ripropone, più avanti, le medesime parole, contribuendo a tenere in sospeso un certo stupore e una inevitabile curiosità.

There’s a feeling I get, When I look to the west, And my spirit is crying for leaving

Con la terza strofa, viene introdotta nel testo la prima persona singolare. Il narratore impegnato sinora a descrivere la “lady” e vari segni da decifrare, adesso parla di sé. E accenna a “una mia emozione ricorrente, quando guardo a occidente, e il mio spirito agogna a partire”.

Il massimo possibile – per noi ascoltatori al cospetto di questi versi – è sottolineare il nuovo richiamo a un cambiamento/partenza: prima la “signora” compra una scala per il paradiso e poi l’io narrante desidera fortemente partire (l’uso di “leaving” rinforza il concetto di partire lasciando qualcosa). La disponibilità massima al cambiamento è uno dei capisaldi del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

A seguire, si tratteggia una visione: “In my thoughts I have seen, Rings of smoke through the trees, And the voices of those who stand looking”. Nei suoi pensieri, l’io narrante ha visto “cerchi di fumo attraverso gli alberi e le voci di quanti stanno lì a osservare”. Arrampicarsi su questa immagine è inutile. E’, appunto, dichiaratamente, un’immagine. E il suo tenore amplifica un senso mitologico, un’ambientazione epica fatta di foreste e volute di fumo. Uno scenario più oltre arricchito da ulteriori riferimenti ed echi fiabeschi. In definitiva, un viaggio sospeso fra favola, mito e visioni oniriche. Questa è la migliore modalità di recezione di questo capolavoro dei Led Zeppelin.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di STAIRWAY TO HEAVEN.


JEFFERSON AIRPLANE

Qui il video su -> YouTube

White rabbit” (“Coniglio bianco”) dall’album Surrealistic Pillow, 1967.

Elaborazione grafica della copertina dell'album "Surrealistic Pillow" (1967) dei Jefferson Airplane.
Elaborazione grafica dell’album “Surrealistic Pillow” (1967) dei Jefferson Airplane contenente “White Rabbit”.
FEED YOUR HEAD, FEED YOUR HEAD

Da decenni si proclama questo brano di Grace Slick (lo compone quando ancora “milita” nella band The Great Society) l’inno perfetto della controcultura psichedelica. Una track iconica per il mondo hippy. Un esemplare fra i migliori dell’acid rock in voga nella Bay Area di San Francisco a metà degli anni Sessanta. Tutto ciò corrisponde a verità. Ma il limite (e la distorsione) è nel rappresentare tale complessa realtà solo come trionfo dello sballo, del traviamento e di uno smodato intontimento generale. C’è molto di vero. Ma c’è anche molto altro.

Bisogna cominciare dalla semantica del termine psichedelia – composto dalle parole greche ψυχή (“psykhé“, anima) e δῆλος (“dêlos“, chiaro, evidente) – per fare, appunto, un po’ di chiarezza. Un’anima chiara è obbiettivo del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

Le istanze alla base della cultura psichedelica – poi ampiamente degenerata e travisata – sono scientifiche, artistiche e filosofiche. Usa il termine “psichedelia”, nella seconda metà degli anni Cinquanta, lo psichiatra canadese di origini inglesi, Humphry Osmond, in uno scambio epistolare (precisamente del 1956) con lo scrittore inglese Aldous Huxley, autore del saggio The Doors of Perception. Si studia la schizofrenia sulla base di varie similitudini con gli effetti provocati da mescalina e LSD. L’ipotesi è di spiegare la malattia mentale con uno squilibrio chimico nel soggetto. In altre parole, Osmond vede la schizofrenia come conseguenza di una “autointossicazione dell’organismo”. Solo in seguito, si comincia a pensare a certe sostanze come atte alla liberazione della mente da schemi, rigidità, preconcetti. E, ovviamente, gli artisti (per indole e per arte d’invenzione) sono affascinati da queste inedite possibilità di espandere il piano percettivo, sensoriale e immaginativo. Anche così nasce il rock come filosofia della CURA DI SÉ.

One pill makes you larger, And one pill makes you small

La grandezza musicale di “White rabbit” è nel suo incedere magnetico e nella pronuncia molto scandita del testo cantato. Un testo in cui si mescolano e sovrappongono allusioni al mondo lisergico con palesi riferimenti a Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice’s Adventures in Wonderland, 1865) di Lewis Carroll, narrazione fantastica, a sua volta non priva di allusioni a sostanze “magiche” e dimensioni mentali inesplorate.

Charles Lutwidge Dodgson (vero nome di Carroll) è un membro della Society for Psychical Research, associazione per lo studio delle abilità mentali non ordinarie. Lewis Carroll è da annoverare fra gli esponenti (in senso più ampio rispetto alla sola dimensione musicale) del rock come filosofia della CURA DI SÉ.

Carroll coltiva davvero interessi filosofici (scrive articoli per la rivista Mind). Insomma, una ulteriore conferma del notevole humus culturale alla base di fenomeni ritenuti unicamente futili (quando vengono ridotti a semplice letteratura fantasy) o deleteri (esperienze anticonvenzionali).

Elaborazione grafica di una storica immagine in bianconero dei Jefferson Airplane.
Jefferson Airplane in un’immagine d’epoca.
Call Alice, When she was just small

White rabbit” è un bellissimo omaggio all’opera principale di Carroll. Non aggiunge altro. Ma la sua capacità di catapultare l’ascoltatore nel mondo della bambina Alice è sufficiente a renderlo un gioiello di suggestioni, rimandi, citazioni.

Rimbomba nelle orecchie dell’ascoltatore di “White rabbit” la raccomandazione finale “feed your head, feed your head”, come invito a nutrire la mente di immagini, fantasie, invenzioni. Un pressante invito a fantasticare di più, nella vita, non limitandosi a un uso logico e utilitaristico della mente.

Siamo potenzialmente capaci di voli e visioni di immensa potenza e bellezza. Ovviamente, anche senza ricorrere a sostanze chimiche, la cui pericolosità è ormai ampiamente conclamata. In fondo, molto spesso, la musica agisce in modo egualmente efficace (rispetto alle sostanze psicotrope) sulla nostra funzione creativa ed emotiva!

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di WHITE RABBIT.


BOB DYLAN

Qui il video su -> YouTube

Like a rolling stone” (“Come una pietra rotolante”) dall’album Highway 61 Revisited, 1965.

Elaborazione grafica della copertina dell'album "Highway 61 Revisited" di Bob Dylan.
Elaborazione grafica della copertina dell’album “Highway 61 Revisited” (1965) di Bob Dylan contenente “Like a rolling stone”.
HOW DOES IT FEEL, HOW DOES IT FEEL?

Qui si parla di Miss Lonely (Signorina Solitudine). Una ragazza le cui spiccate ambizioni di vivere alla grande precipitano presto in un’esistenza miserevole. Eppure, parte bene Miss Lonely, con raffinati vestiti alla moda (“Once upon a time you dressed so fine”) e scuole prestigiose (“Ahh you’ve gone to the finest schools”). Poi, in un baleno, si ritrova senza un tetto sotto cui dormire (“To be without a home”) e si barcamena da perfetta sconosciuta, come una pietra rotolante (“Like a complete unknown, like a rolling stone”).

L’espressione “come una pietra rotolante” viene dal proverbio, di origini antiche, “una pietra rotolante non raccoglie muschio”. Il senso di questa massima è molto vicino al rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ: chi si muove senza pace sarà pure uno squattrinato vagabondo, ma – diamine! – non ammuffisce!

Così, l’espressione “like a rolling stone” diviene uno dei più iconici ritornelli della musica rock. Lo usa il cantante country & western (dell’Alabama) Hank Williams quando, nel 1949, realizza la sua versione di “Lost highway“, scritta e registrata, l’anno prima, dal cantautore non vedente (del Texas) Leon Payne. La canzone contiene il verso “I’m a rolling stone, all alone and lost” (“sono una pietra rotolante, tutta sola e persa”). Tuttavia, la versione originale di Payne è decisamente giocosa mentre quella successiva di Williams suona assai triste. Da quest’ultima prende spunto, parecchio tempo dopo, Bob Dylan per la sua ormai leggendaria “Like a rolling stone” del 1965.

Per la cronaca, i Rolling Stones (la band) prendono il nome da “Rollin’ stone” (1950) del bluesman Muddy Waters. Il brano eseguito da Waters è una interpretazione di “Catfish blues“, canzone blues le cui origini risalgono all’area del delta del Mississippi negli anni Venti. Tuttavia, anche questa canzone si riferisce al proverbio popolare “a rolling stone gathers no moss”.

Nobody’s ever taught you how to live out on the street

Esiste una vasta letteratura sull’identità – reale o immaginaria – di Miss Lonely. Uno dei rumours più radicati identifica la ragazza, la cui esistenza passa dalle stelle alle stalle, con Edie Sedgwick. Si tratta di una delle fugaci protagoniste, negli anni Sessanta, del rutilante giro newyorkese di Andy Warhol. Per la cronaca, l’attrice, regista e produttrice cinematografica Kyra Sedgwick (moglie di Kevin Bacon), protagonista della serie tv americana The Closer è cugina di secondo grado di Edie Sedgwick.

A dare qualche consistenza a questa versione dei fatti c’è la circostanza di una breve relazione di Robert Allen Zimmerman (vero nome di Dylan) proprio con Edie Sedgwick, poco prima del matrimonio del cantautore con Sara Lownds.

Dylan non ha mai dato sostanza a questa o altre personalizzazioni di un brano da ascoltare come riferimento generale alle facili illusioni e alle “vite perdute”. Il risvolto filosofico più importante del testo sta nel senso di speciale libertà (libertà mentale) ricavabile da una vita in cui non c’è ormai nulla da perdere (perché non si ha nulla): “When you ain’t got nothing, you got nothing to lose, You’re invisible now, you’ve got no secrets to conceal”. Ciò è molto coerente con il rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

Elaborazione grafica di una storica foto in bianconero di Bob Dylan.
Bob Dylan in concerto.
And now you’re gonna have to get used to it

Lo Stoicismo filosofico (alquanto diverso dall’uso della parola “stoico” nel superficiale linguaggio contemporaneo) si contraddistingue per il sereno disinteresse verso agi, ricchezze e lussi. Nel linguaggio comune, invece, si definisce “stoica” una persona addirittura amante dei disagi. Questa è una falsità storica, perché la filosofia stoica predica la non dipendenza dai piaceri, non la rinuncia a essi.

La presenza fra i più noti esponenti dello Stoicismo, all’epoca della Roma Imperiale, di personaggi ricchi e potenti – Lucio Anneo Seneca, consulente di imperatori e in possesso di fortune economiche quasi incalcolabili; Marco Aurelio, egli stesso imperatore – alimenta alcune critiche da parte dei denigratori. Questi ultimi dicono “troppo facile affermare di non avere interesse per beni e patrimoni quando poi si è ricchi sfondati”.

Su questo occorre precisare l’appartenenza a fasce sociali modeste di tantissimi altri esponenti dello Stoicismo. Ma soprattutto non mancano dimostrazioni di stili di vita effettivamente sobri anche da parte dei personaggi citati (in particolare Marco Aurelio).

Miss Lonely deve ora abituarsi alla condizione di homeless, a una vita sulla strada. Insomma, una prova stoica. E in un contesto del genere giova rammentarsi del vantaggio costituito dalla conseguente libertà. E’ uno specifico tipo di libertà: mentale, dalle convenzioni, dagli obblighi di status. Ancora una volta riecheggiano temi importanti del rock come filosofia socratica (e stoica) della CURA DI SÉ.

Attenzione al finto paradosso: comunemente si pensa siano i ricchi e famosi ad avere la più ampia libertà, ma, in realtà, loro dispongono solo di una “libertà di spesa”. Nel paragrafo dedicato a “Comfortably numb” è stata raccontata la straziante sofferenza di Pink, nonostante sia un musicista di enorme successo. In particolare, si è raccontata la “prigionia” in cui si sente Pink (cioè Roger Waters), costretto a subire un trattamento medico altamente impattante per affrontare un concerto.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di LIKE A ROLLING STONE.


THE ROLLING STONES

Qui il video su -> YouTube

Sympathy for the devil” (“Comprensione per il diavolo”) dall’album Beggars Banquet, 1968.

Elaborazione fotografica della copertina originale dell'album "Beggars Banquet" (1968) dei Rolling Stones.
Elaborazione fotografica della copertina originale dell’album “Beggars Banquet” (1968) dei The Rolling Stones contenente “Sympathy for the devil”.
PLEASE ALLOW ME TO INTRODUCE MYSELF

Dopo lo spazio dedicato a “Like a rolling stone” è inevitabile passare a un classico dei The Rolling Stones. Ricordiamo al volo un paio di cose per chi non ha letto il paragrafo sulla lunga composizione dylaniana (oltre sei minuti con cui il cantautore poi insignito del premio Nobel per la letteratura nel 2016 sfida – nel 1965 – le “regole” americane dell’airplay secondo cui le canzoni per le radio non devono superare i tre minuti).

L’espressione “like a rolling stone” viene dal proverbio “A rolling stone gathers no moss” (Una pietra rotolante non raccoglie muschio) intesa come il vantaggio dei vagabondi di non ammuffirsi sempre nello stesso posto facendo sempre la stessa cosa. Tale espressione è utilizzata nella canzone “Lost highway“, scritta e registrata nel 1948 dal cantautore non vedente del Texas Leon Payne e resta nella versione (più triste) realizzata l’anno successivo dal cantante country & western dell’Alabama Hank Williams. A questa versione di Williams si ispira Bob Dylan per il brano con cui esce dalla dimensione prettamente folk abbracciando finalmente il rock. Ed è molto socraticamente anticonvenzionale la scelta si sfondare la barriera dei “tre minuti” di durata del brano.

La pietra rotolante come immagine di libertà è citata altresì nella canzone “Rollin’ stone” (1950) del bluesman Muddy Waters. Il pezzo eseguito da Waters è una interpretazione di “Catfish blues“, in voga negli anni Venti. A questa esecuzione di Waters si ispirano i Rolling Stones per il proprio nome. Se qualcuno se lo chiedesse, la prestigiosa rivista musicale Rolling Stone fondata a San Francisco nel 1967 da Jann Wenner e Ralph J. Gleason mantiene il riferimento al proverbio, incoraggiata dal successo del brano di Muddy Waters e da quello di Bob Dylan.

Pleased to meet you, Hope you guess my name

Noi preferiamo tradurre “Sympathy for the devil” con “Comprensione per il diavolo” (quasi “tolleranza per il diavolo”) e non con “Simpatia per il diavolo”. Certo, “sympathy” è traducibile con “simpatia”, ma il testo di Mick Jagger e Keith Richards descrive proprio un diavolo (suadente e subdolo) in cerca di comprensione, riconoscimento, accettazione. Inoltre, come spiegato talvolta da Jagger, il testo non riguarda Satana bensì un lato umano alquanto oscuro e profondo (“the dark side”). Si tratta di un aspetto interiore inconscio (negativo) nel suo anelito a emergere e accreditarsi. Occorre affrontare la parte oscura della propria anima. Questo è rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

Non è facile capire se la spiegazione psicoanalitica junghiana (vedi il concetto di shadow) sia un depistaggio per evitare agli Stones accuse di satanismo o sia quella reale voluta dalla band londinese. Qui accreditiamo una combinazione delle due possibilità, rifacendoci a una lunga linea storica, teologica, psicologica e filosofica per cui la figura del demonio è anche la manifestazione (personificazione) della possibilità umana di scegliere il male e non il bene.

Lo Stoicismo (da noi ritenuto una filosofia derivante dal precedente socratismo) è essenzialmente determinista. Le faccende del mondo vanno nell’unico modo in cui possono andare. Tuttavia, il pensiero stoico mantiene un fondamentale margine di libertà in capo agli esseri umani. Altrimenti, se tutto fosse già scritto e determinato, non ci sarebbe alcun bisogno di pensare, di fare filosofia, di insegnare (e, in fin dei conti, di vivere).

Il margine sta nelle scelte individuali e, soprattutto, nel modo di reagire alle cose, agli eventi, ai propri turbamenti. Dunque, possiamo scegliere se abbandonarci a un impeto di rabbia oppure controllarci. Più precisamente possiamo decidere se essere in balia di noi stessi oppure intraprendere un percorso di “addestramento” (“askesis“) per imparare a controllarci. Altro esempio: non possiamo far nulla per evitare la caduta di un asteroide sulla casa, ma possiamo scegliere se disperarci o prendere la cosa – appunto – con filosofia.

Elaborazione fotografica di una storica foto in bianconero dei Rolling Stones.
Storica foto dei The Rolling Stones.
But what’s puzzling you, Is the nature of my game

A dimostrazione della natura interna (all’essere umano) delle pulsioni malvagie, c’è la sfilza di errori e orrori umani citati nella canzone. Si parte con Ponzio Pilato, il quale si lava le mani dinanzi alla condanna a morte di Gesù, per poi citare guerre, omicidi politici (i due Kennedy) e bande di assassini in India. Insomma, se pure fosse il demonio l’artefice di queste nefandezze, bisognerebbe ammettere almeno un’adesione piena degli umani ai suoi disegni perversi.

Il testo di “Sympathy for the devil” è ispirato al romanzo Il Maestro e Margherita dello scrittore russo Michail Bulgakov. All’epoca, la partner sentimentale di Mick Jagger è la cantante Marianne Faithfull. E’ lei a dare il libro del drammaturgo Bulgakov (nato a Kiev, attualmente in Ucraina, nel 1891) al frontman degli Stones. Come è noto, il romanzo – scritto tra il 1928 e il 1940, durante il regime di Stalin –  concerne la visita del diavolo a Mosca, capitale dell’URSS, primo Stato al mondo dichiaratamente ateo.

Nel libro di Bulgakov e nella canzone degli Stones il diavolo è una “persona di mondo”, benestante e adusa alle buone maniere (“I’m a man of wealth and taste”). Anche questo dettaglio segue la falsariga dei nascondimenti. Così come in ogni individuo alberga un lato oscuro di cui egli stesso è spesso inconsapevole (da affrontare nel corso della CURA DI SÉ), così è possibile scoprire il male in persone non costrette ad esso da alcuna necessità e capaci tranquillamente di agire con buone maniere.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di SYMPATHY FOR THE DEVIL.


THE JIMI HENDRIX EXPERIENCE

Qui il video su -> YouTube

All along the watchtower” (“Lungo tutta la torre di guardia”) dall’album Electric Ladyland, 1968.

Foto in primo piano di Jimi Hendrix virata in giallo e rosso (opera di Karl Ferris) per la copertina americana dell'album "Electric Ladyland" della The Jimi Hendrix Experience.
Primo piano di Jimi Hendrix virato in giallo e rosso (opera di Karl Ferris) per la copertina americana dell’album “Electric Ladyland” (1968) della The Jimi Hendrix Experience contenente “All along the watchtower”.
THERE MUST BE SOME KIND OF WAY OUTTA HERE

La prima frase del testo (“Ci deve pur essere qualche modo per venir fuori da qui”) è pronunciata dal joker (buffone) mentre si rivolge al thief (ladro). Sono i due protagonisti del brano e si parlano per i 4 minuti circa di questa versione di Hendrix. Il modello narrativo avvicina “All along the watchtower” al brano precedente della nostra rassegna (“Sympathy for the devil” dei Rolling Stones). Nel brano di Mick Jagger e Keith Richards a parlare è il diavolo. Qui parlano un buffone e un ladro. Sono tre figure altamente iconiche.

Altro punto in comune con la track degli Stones è l’anno di pubblicazione: 1968.

Poi c’è Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones, il quale, nel brano, produce alcuni suoni (simili alle vibrazioni di un sonaglio) agitando uno strumento denominato vibraslap. Pochi mesi prima di morire affogato nella piscina della casa nell’East Sussex il 3 luglio 1969, a 27 anni (dopo un periodo di ubriachezze e dipendenza da droghe), Jones capita (forse per caso) in uno studio di registrazione. Lì, quel giorno, Jimi Hendrix sta realizzando “All along the watchtower“.

Hendrix è un perfezionista e resta sconcertato dall’ingresso in sala di Jones, in evidente stato di alterazione. Per farla breve, il primo leader dei Rolling Stones (cacciato via dalla mitica band britannica da Jagger e Richards nel giugno 1969) cerca di suonare il piano, poi si addormenta sul mixer, poi alla fine Hendrix lo lascia giocare un po’ con il vibraslap.

There’s too much confusion

La versione originale – circa 2’30” – è di Bob Dylan (nell’album John Wesley Harding, 1967). Ciò collega, in questo nostro elenco, “All along the watchtower” a “Like a rolling stone” sempre di Dylan, anche perché, tempo prima, Jimi Hendrix esegue – in un concerto a Monterey – proprio “Like a rolling stone“.

Nel paragrafo qui sopra dedicato a “Hurt” (canzone di Trent Reznor interpretata da Johnny Cash) si ricorda quanto siano rare le cover capaci di superare – per resa e impatto – le versioni originali.

Ecco: la “lettura” hendrixiana di “All along the watchtower” è convincente come la rendition di “Hurt” di Trent Reznor da parte di un malato Johnny Cash.

Lo è al punto da suggerire, poi, allo stesso Dylan, di eseguirla nella modalità di Hendrix. In pratica Dylan realizza (in concerto) proprie cover della cover di Hendrix.

A proposito di cover, “All along the watchtower” vanta pure esecuzioni di Eric Clapton, Neil YoungU2, Dave Matthews Band e Grateful Dead, solo per fare qualche nome.

Immagine di Jimi Hendrix in concerto.
Jimi Hendrix in concerto.
No reason to get excited

In diversi brani di questa pagina, ci sono riferimenti a poteri forti da contrastare con l’energia del rock.

Heroes” di David Bowie è una incitazione ad assumere comportamenti eroici. Nella prima strofa ci sono i versi “Though nothing will drive them away, We can beat them, just for one day” in cui “them” (loro) sono certamente poteri dispotici e sistemi oppressivi. Si tratta di prendersi CURA DI SÉ, di volersi bene nel senso del rock come filosofia socratica della CURA DI SÉ.

La prima strofa di “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin (“There’s a lady who’s sure, All that glitters is gold”) allude alla morsa della società consumistica capace di vendere come oro le cose apparentemente scintillanti.

Inutile proseguire: siamo proprio nell’essenza del rock (quello vero) in quanto istanza ribelle e profondamente anticonformista. Salvo poi il ribaltamento dello stesso rock in una macchina per macinare soldi e avere successo (una macchina spesso ipocrita e falsa anch’essa). Qui si veda “Comfortably numb” dei Pink Floyd.

All along the watchtower” non si presta (come tutti i testi più autenticamente poetici) a una lettura didascalica, lineare, consequenziale. La poetica è per sua natura non discorsiva e non si adegua alla logica delle costruzioni verbali razionali.

Tuttavia, già l’incipit indica una situazione da cui si vuole scappare (“There must be some kind of way outta here”). Una situazione caotica e disagevole (“There’s too much confusion, I can’t get no relief”).

There are many here among us, Who feel that life is but a joke

Varie volte si è indicato il libro biblico Isaia come chiave d’ispirazione per la canzone di Dylan. In particolare, si citano alcuni passaggi nel capitolo 21. Al paragrafo 6 si legge “Va’, metti una sentinella che annunzi quanto vede”. Questo sarebbe in relazione con l’intero brano: il buffone e il ladro stanno andando verso una watchtower, cioè una torre di guardia dove normalmente si alternano le sentinelle. Al paragrafo 9 si legge “È caduta, è caduta Babilonia! Tutte le statue dei suoi dèi sono a terra, in frantumi”. L’immagine potrebbe riguardare la situazione caotica citata poco sopra (Babilonia è ora un sinonimo di caos).

Per alcuni autori come Philippe Margotin, Jean-Michel Guesdon e il giornalista David Stubbs la faccenda sarebbe un po’ più prosaica. Per le figure del joker e del thief, Dylan avrebbe pensato rispettivamente a sé stesso (menestrello, intrattenitore, buffone) e al suo manager Albert Grossman.

In effetti, sono note alcune dispute del cantautore sia con la casa discografica Cbs sia con il management. In questo caso, sarebbe per noi forte la tentazione di accostare questo brano a “Comfortably numb” dei Pink Floyd, pezzo in cui il manager di Pink (il musicista non in grado di presenziare al concerto in agenda la sera) sprona un medico a iniettare qualsiasi cosa nelle braccia dell’artista pur di rimetterlo in piedi.

Apri qui per scegliere cosa fare.

Torna alla home page di SOKRATIKO.IT oppure torna in testa a questa sezione ROCK oppure torna all’inizio di ALL ALONG THE WATCHTOWER.


ALTRI BRANI SUGGERITI

PROCOL HARUM

Qui il video su -> YouTube

A whiter shade of pale” (“Un tono più bianco del pallido”), singolo, 1967.

Foto della copertina di "A whiter shade of pale" dei Procol Harum.
AND SO IT WAS LATER, AS THE MILLER TOLD HIS TALE, THAT HER FACE AT FIRST JUST GHOSTLY, TURNED A WHITER SHADE OF PALE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


MOTÖRHEAD

Qui il video su -> YouTube

Ace of spades” (“Asso di picche”) dall’album omonimo, 1980.

Foto in b/n di un microfono d'epoca. Autore: Carlo de Blasio.
IF YOU LIKE TO GAMBLE I TELL YOU, I’M YOUR MAN, YOU WIN SOME LOSE SOME, IT’S ALL THE SAME TO ME

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


RAMMSTEIN

Qui il video su -> YouTube

Adieu” (“Addio”) dall’album Zeit, 2022.

Immagine del singolo "Adieu" dei Rammstein.
ADIEU, GOODBYE, AUF WIEDERSEH’N, DEN LETZTEN WEG MUSST DU ALLEINE GEH’N [ADIEU, GOODBYE, AUF WIEDERSEH’N, LA TUA ULTIMA STRADA DEVI PERCORRERLA DA SOLO]

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


VAN HALEN

Qui il video su -> YouTube

Ain’t talkin’ ‘bout love” (“Non sto parlando d’amore”) dall’album Van Halen, 1978.

Foto b/n di una telecamera d'epoca. Autore: Carlo de Blasio.
AIN’T TALKIN’ ‘BOUT LOVE, MY LOVE IS ROTTEN TO THE CORE, AIN’T GONNA TALK ABOUT LOVE, JUST LIKE I TOLD YOU BEFORE, BEFORE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


SCORPIONS

Qui il video su -> YouTube

Alien nation” (“Nazione straniera”) dall’album Face the Heat, 1993.

Immagine del singolo "Alien nation" degli Scorpions.
BEWARE OF THE ALIEN NATION, BEWARE OF THE TRUTH THAT THEY SEEK, THEY PRAY FOR ETERNAL SALVATION, THEY PRAY FOR YOUR SOUL TO KEEP

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


HEART

Qui il video su -> YouTube

Barracuda” (“Barracuda”) dall’album Little Queen, 1977.

Foto b/n di una radio d'epoca. Autore: Carlo de Blasio.
THE REAL THING DON’T DO THE TRICK, NO YOU BETTER MAKE UP SOMETHING QUICK, YOU GONNA BURN BURN BURN BURN BURN IT TO THE WICK, OHH BARRA-BARRACUDA YEAH

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


RAM JAM

Qui il video su -> YouTube

Black Betty” (“Elisabetta nera”) dall’album Ram Jam, 1977.

Immagine del singolo "Black Betty" dei Ram Jam.
SHE’S FROM BIRMINGHAM (BAM-BA-LAM), WAY DOWN IN ALABAM’ (BAM-BA-LAM), BLACK BETTY HAD A CHILD (BAM-BA-LAM), DAMN THING GONE WILD (BAM-BA-LAM)

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


LIMP BIZKIT

Qui il video su -> YouTube

Break stuff” (“Rompo roba”) dall’album Significant Other, 1999.

Foto b/n di una registratore a bobine d'epoca. Autore: Carlo de Blasio.
IT’S JUST ONE OF THOSE DAYS FEELIN’ LIKE A FREIGHT TRAIN, FIRST ONE TO COMPLAIN LEAVES WITH A BLOOD STAIN, DAMN RIGHT I’M A MANIAC YOU BETTER WATCH YOUR BACK

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


JUDAS PRIEST

Qui il video su -> YouTube

Breaking the law” (“Infrangendo la legge”) dall’album British Steel, 1980.

Immagine del singolo "Breaking the law" dei Judas Priest.
THERE I WAS COMPLETELY WASTING OUT OF WORK AND DOWN, ALL INSIDE IT’S SO FRUSTRATING AS I DRIFT FROM TOWN TO TOWN, FEEL AS THOUGH NOBODY CARES IF I LIVE OR DIE, SO I MIGHT AS WELL BEGIN TO PUT SOME ACTION IN MY LIFE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


AEROSMITH

Qui il video su -> YouTube

Dream on” (“Continua a sognare”) dall’album Aerosmith, 1973.

Foto in b/n di un microfono professionale. Autore: Carlo de Blasio.
SING WITH ME SING FOR THE YEAR, SING FOR THE LAUGHTER AND SING FOR THE TEAR, SING WITH ME IF IT’S JUST FOR TODAY, MAYBE TOMORROW THE GOOD LORD WILL TAKE YOU AWAY

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


RAMMSTEIN

Qui il video su -> YouTube

Du hast” (“Tu hai”) dall’album Sehnsucht, 1997.

Immagine del singolo "Du hast" dei Rammstein.
DU, DU HAST DU HAST MICH DU HAST MICH, DU HAST MICH GEFRAGT DU HAST MICH GEFRAGT, DU HAST MICH GEFRAGT UND ICH HAB NICHTS GESAGT [TU MI HAI CHIESTO. TU MI HAI CHIESTO ED IO, NON HO DETTO NIENTE]

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


BEASTIE BOYS

Qui il video su -> YouTube

(You gotta) fight for your right (to party)” (“Dovete lottare per il vostro diritto a far baldoria”) dall’album Licensed to Ill, 1986.

Foto b/n di una telecamera professionale d'epoca. Autore: Carlo de Blasio.
YOUR MOM BUSTED IN AND SAID WHAT’S THAT NOISE?, AW MOM YOU’RE JUST JEALOUS IT’S THE BEASTIE BOYS

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


LYNYRD SKYNYRD

Qui il video su -> YouTube

Free bird” (“Uccello libero”) dall’album (Pronounced
‘Leh-‘nérd ‘Skin-‘nérd)
, 1973.

Immagine del singolo "Free bird" dei Lynyrd Skynyrd.
IF I LEAVE HERE TOMORROW, WOULD YOU STILL REMEMBER ME?, FOR I MUST BE TRAVELING ON NOW, ‘CAUSE THERE’S TOO MANY PLACES I’VE GOT TO SEE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


METALLICA

Qui il video su -> YouTube

Fuel” (“Benzina”) dall’album ReLoad, 1997.

Foto b/n di una telecamera di qualità. Autore: Carlo de Blasio.
YEAH, TURN ON I SEE RED, ADRENALINE CRASH AND CRACK MY HEAD, NITRO JUNKIE PAINT ME DEAD, AND I SEE RED

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


RED HOT CHILI PEPPERS

Qui il video su -> YouTube

Give it away” (“Dallo via”) dall’album Blood Sugar Sex Magik, 1991.

Immagine del singolo "Give it away" dei Red Hot Chili Peppers.
THERE’S A RIVER BORN TO BE A GIVER, KEEP YOU WARM WON’T LET YOU SHIVER, HIS HEART IS NEVER GONNA WITHER, COME ON EVERYBODY TIME TO DELIVER

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


BLONDIE

Qui il video su -> YouTube

Heart of glass” (“Cuore di vetro”) dall’album Parallel Lines, 1978.

Foto b/n di una telecamera per uso professionale. Autore: Carlo de Blasio.
ONCE I HAD A LOVE AND IT WAS DIVINE, SOON FOUND OUT I WAS LOSING MY MIND, IT SEEMED LIKE THE REAL THING BUT I WAS SO BLIND, MUCHO MISTRUST LOVE’S GONE BEHIND

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


AC/DC

Qui il video su YouTube

Hells bells” (“Campane infernali”) dall’album Back in Black, 1980.

Immagine del singolo "Hell's bells" degli AC/DC.
I’M ROLLING THUNDER POURING RAIN, I’M COMING ON LIKE A HURRICANE, MY LIGHTNING’S FLASHING ACROSS THE SKY, YOU’RE ONLY YOUNG BUT YOU’RE GONNA DIE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


METALLICA

Qui il video su -> YouTube

If darkness had a son” (“Se l’oscurità avesse un figlio”) dall’album 72 Seasons, 2023.

Foto b/n di un radioregistratore double deck. Autore: Carlo de Blasio.
IF DARKNESS HAD A SON HERE I AM, TEMPTATION IS HIS FATHER, IF DARKNESS HAD A SON HERE I AM, I BATHE IN HOLY WATER, TEMPTATION LEAVE ME BE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


GOOD CHARLOTTE

Qui il video su -> YouTube

I just wanna live” (“Voglio solo vivere”) dall’album The Chronicles of Life and Death, 2004.

Immagine del singolo "I just wanna live" dei Good Charlotte.
I JUST WANNA LIVE, DON’T REALLY CARE ABOUT THE THINGS THAT THEY SAY, DON’T REALLY CARE ABOUT WHAT HAPPENS TO ME, I JUST WANNA LIVE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


ALANIS MORISSETTE

Qui il video su -> YouTube

Ironic” (“Ironico”) dall’album Jagged Little Pill, 1995.

Immagine b/n della tastiera di una chitarra mentre viene suonata.
IT’S LIKE RAIN ON YOUR WEDDING DAY, IT’S A FREE RIDE WHEN YOU’VE ALREADY PAID, IT’S THE GOOD ADVICE THAT YOU JUST DIDN’T TAKE, AND WHO WOULD’VE THOUGHT… IT FIGURES

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


AEROSMITH

Qui il video su -> YouTube

Jaded” (“Stanco”) dall’album Just Push Play, 2001.

Immagine del singolo "Jaded" degli Aerosmith.
YOUR THINKING’S SO COMPLICATED, I’VE HAD IT ALL UP TO HERE, BUT IT’S SO OVERRATED, LOVE AND HATED, WOULDN’T TRADE IT, LOVE ME JADED

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


GUNS N’ ROSES

Qui il video su -> YouTube

Knockin’ on heaven’s door” (“Bussando alle porte del paradiso”) dall’album Use your Illusion II, 1991.

Immagine in b/n di una batteria durante un concerto.
MAMA TAKE THIS BADGE FROM ME, I CAN’T USE IT ANYMORE, IT’S GETTING DARK TOO DARK TO SEE, FEELS LIKE I’M KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


R.E.M.

Qui il video su -> YouTube

Leaving New York” (“Lasciando New York”) dall’album Around the Sun, 2004.

Immagine del singolo "Leaving New York" dei R.E.M.
IT’S EASIER TO LEAVE THAN TO BE LEFT BEHIND, LEAVING WAS NEVER MY PROUD, LEAVING NEW YORK NEVER EASY, I SAW THE LIGHT FADING OUT

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


R.E.M.

Qui il video su -> YouTube

Losing my religion” (“Perdendo la mia religione”) dall’album Out of Time, 1991.

Immagine b/n delle tastiere di due chitarre mentre vengono suonate.
I THOUGHT THAT I HEARD YOU LAUGHING, I THOUGHT THAT I HEARD YOU SING, I THINK I THOUGHT I SAW YOU TRY

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


IGGY POP

Qui il video su -> YouTube

Lust for life” (“Fame di vita”) dall’album Lust for Life, 1977.

Immagine del singolo "Lust for life" di Iggy Pop (versione 1977 per i Paesi Bassi).
‘CAUSE WE’RE THE MASTERS OF OUR OWN FATE, WE’RE THE CAPTAINS OF OUR OWN SOULS, THERE’S NO WAY FOR US TO COME AWAY, ‘CAUSE BOY WE’RE GOLD BOY WE’RE GOLD

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


SKID ROW

Qui il video su -> YouTube

Monkey business” (“Buffonate”) dall’album Slave to the Grind, 1991.

Immagine in b/n di una tastiera sul palco di un concerto.
INTO THE FIRE FROM THE FRYING PAN, TRIPPING ON HIS TONGUE FOR A COOL PLACE TO STAND, WHERE’S THIS SHADE THAT YOU’VE GOT IT MADE, TO ME IT’S JUST MONKEY BUSINESS

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


INXS

Qui il video su -> YouTube

Need you tonight” (“Stanotte ho bisogno di te”) dall’album Kick, 1987.

Immagine del singolo "Need you tonight" degli Inxs.
HOW DO YOU FEEL? I’M LONELY, WHAT DO YOU THINK? CAN’T THINK AT ALL, WHAT YOU GONNA DO? GONNA LIVE MY LIFE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


METALLICA

Qui il video su -> YouTube

Nothing else matters” (“Nient’altro conta”) dall’album Metallica, 1991.

Immagine in b/n del palco di un concerto rock.
SO CLOSE NO MATTER HOW FAR, COULDN’T BE MUCH MORE FROM THE HEART, FOREVER TRUSTING WHO WE ARE, AND NOTHING ELSE MATTERS

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


ECHO & THE BUNNYMEN

Qui il video su -> YouTube

People are strange” (“La gente è strana”) dall’album The Lost Boys, 1987.

Immagine del singolo "People are strange" di Echo & The Bunnymen.
WHEN YOU’RE STRANGE, FACES COME OUT OF THE RAIN, WHEN YOU’RE STRANGE, NO ONE REMEMBERS YOUR NAME

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


MOBY

Qui il video su -> YouTube

Porcelain” (“Porcellana”) dall’album Play, 1999.

Immagine in b/n di una batteria durante un concerto rock.
IN MY DREAMS I’M DYING ALL THE TIME, THEN I WAKE, IT’S KALEIDOSCOPIC MIND, I NEVER MEANT TO HURT YOU, I NEVER MEANT TO LIE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


LED ZEPPELIN

Qui il video su -> YouTube

Ramble on” (“Vagare”) dall’album Led Zeppelin II, 1969.

Immagine del singolo "Ramble on" dei Led Zeppelin.
BUT NOW IT’S TIME FOR ME TO GO, THE AUTUMN MOON LIGHTS MY WAY, FOR NOW I SMELL THE RAIN, AND WITH IT PAIN, AND IT’S HEADED MY WAY

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


FATBOY SLIM

Qui il video su -> YouTube

The rockafeller skank” (“Lo sporco Rockfeller”) dall’album You’ve Come A Long Way, Baby, 1998.

Immagine b/n del manico di una chitarra con una mano in primo piano.
RIGHT ABOUT NOW, THE FUNK SOUL BROTHER, CHECK IT OUT NOW, THE FUNK SOUL BROTHER

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


NEIL YOUNG

Qui il video su -> YouTube

Rockin’ in the free world” (“Scorrazzare nel mondo libero”) dall’album Freedom, 1989.

Immagine dell'album "Freedom" di Neil Young.
BUT THERE’S A WARNIN’ SIGN, ON THE ROAD AHEAD, THERE’S A LOT OF PEOPLE SAYIN’, WE’D BE BETTER OFF DEAD

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


PLACEBO

Qui il video su -> YouTube

Running up that hil (a deal with God)” (“Correndo sopra quella collina”) dall’album Covers, 2003.

Immagine b/n del manico di una chitarra in primo piano, con una seconda chitarra in secondo piano.
AND IF I ONLY COULD, I’D MAKE A DEAL WITH GOD, AND I’D GET HIM TO SWAP OUR PLACES

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


R.E.M.

Qui il video su -> YouTube

Shiny happy people” (“Radiosa gente felice”) dall’album Out of Time, 1991.

Immagine del singolo "Shiny happy people" dei R.E.M.
MEET ME IN THE CROWD PEOPLE PEOPLE, THROW YOUR LOVE AROUND LOVE ME LOVE ME, TAKE IT INTO TOWN HAPPY HAPPY

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


NIRVANA

Qui il video su -> YouTube

Smells like teen spirit” (“Odora come il [deodorante] Teen Spirit”) dall’album Nevermind, 1991.

Immagine in b/n di un concerto rock.
I’M WORSE AT WHAT I DO BEST, AND FOR THIS GIFT I FEEL BLESSED, OUR LITTLE GROUP HAS ALWAYS BEEN, AND ALWAYS WILL UNTIL THE END

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


DEEP PURPLE

Qui il video su -> YouTube

Smoke on the water” (“Fumo sull’acqua”) dall’album Machine Head, 1972.

Immagine del singolo "Smoke on the water" dei Deep Purple.
WHEN IT ALL WAS OVER, FIND ANOTHER PLACE, SWISS TIME WAS RUNNING OUT, IT SEEMED THAT WE WOULD LOSE THE RACE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


WHITESNAKE

Qui il video su -> YouTube

Still of the night” (“Silenzio della notte”) dall’album Whitesnake, 1987.

Immagine in b/n di un chitarrista rock.
IN THE STILL OF THE NIGHT I HEAR THE WOLF HOWL HONEY, SNIFFING AROUND YOUR DOOR, IN THE STILL OF THE NIGHT I FEEL MY HEART BEATING HEAVY, TELLING ME I GOTTA HAVE MORE

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


DEEP PURPLE

Qui il video su -> YouTube

Strange kind of woman” (“Strano tipo di donna”), singolo, 1971.

Immagine del singolo - pubblicato in Svezia nel 1971 - "Strange kind of woman" dei Deep Purple.
HER NAME WAS NANCY, HER FACE WAS NOTHING FANCY, SHE LEFT A TRAIL OF HAPPINESS AND MISERY

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


GUNS N’ ROSES

Qui il video su -> YouTube

The general” (“Il generale”), singolo, 2023.

Immagine in b/n della tastiera di una chitarra con due mani che la percorrono suonando.
MY ONLY REGRET IS THAT I NEVER TOOK THE TIME TO FORGET, ALL THOSE UNSPOKEN FEELINGS THAT WERE NEVER SPARED

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


U2

Qui il video su -> YouTube

The ground beneath her feet” (“Il terreno sotto i piedi di lei”) dall’album colonna sonora The Million Dollar Hotel, 2000.

Immagine del singolo promozionale USA "The ground beneath her feet" degli U2.
ALL MY LIFE I WORSHIPPED HER, HER GOLDEN VOICE HER BEAUTY’S BEAT, HOW SHE MADE US FEEL, HOW SHE MADE ME REAL

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


IRON MAIDEN

Qui il video su -> YouTube

The number of the beast” (“Il numero del demonio”) dall’omonimo album, 1982.

Immagine in b/n di un concerto rock con molto pubblico sotto al palcoscenico.
WHAT DID I SEE? CAN I BELIEVE?, THAT WHAT I SAW THAT NIGHT WAS REAL AND NOT JUST FANTASY?

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


DISTURBED

Qui il video su -> YouTube

The sound of silence” (“Il suono del silenzio”) dall’album Immortalized, 2015.

Immagine del singolo "The sound of silence" dei Disturbed.
HELLO DARKNESS MY OLD FRIEND, I’VE COME TO TALK WITH YOU AGAIN, BECAUSE A VISION SOFTLY CREEPING, LEFT ITS SEEDS WHILE I WAS SLEEPING

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


SKUNK ANANSIE

Qui il video su -> YouTube

This means war” (“Questo significa guerra”), singolo, 2020.

Immagine in b/n di una tastiera da concerto.
I’LL FIGHT RIGHT WHERE YOU FALL, AND THIS TIME WE WILL DESTROY ALL YOUR DYNASTIES, WE’LL FIGHT RIGHT TIL YOU FALL, ‘CAUSE THIS MEANS WAR

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


AC/DC

Qui il video su -> YouTube

Thunderstruck” (“Fulminato”) dall’album The Razors Edge, 1990.

Immagine del singolo "Thunderstruck" degli AC/DC.
SOUND OF THE DRUMS, BEATING IN MY HEART, THE THUNDER OF GUNS, TORE ME APART, YOU’VE BEEN, THUNDERSTRUCK

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


RED HOT CHILI PEPPERS

Qui il video su -> YouTube

Under the bridge” (“Sotto il ponte”) dall’album Blood Sugar Sex Magik, 1991.

Immagine in b/ di una tastiera musicale su cui si vede una mano che suona.
SOMETIMES I FEEL LIKE I DON’T HAVE A PARTNER, SOMETIMES I FEEL LIKE MY ONLY FRIEND, IS THE CITY I LIVE IN THE CITY OF ANGELS, LONELY AS I AM TOGETHER WE CRY

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


SHOCKING BLUE

Qui il video su -> YouTube

Venus” (“Venere”) dall’album At Home, 1969.

Immagine del singolo "Venus" degli Shocking Blue.
A GODDESS ON A MOUNTAIN TOP, WAS BURNING LIKE A SILVER FLAME, THE SUMMIT OF BEAUTY AND LOVE, AND VENUS WAS HER NAME

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


BON JOVI

Qui il video su -> YouTube

You give love a bad name” (“Tu dai all’amore una cattiva reputazione”) dall’albun Slippery When Wet, 1986.

Immagine in b/n di una chitarra in primo piano mentre viene suonata durante un concerto rock.
AN ANGEL’S SMILE IS WHAT YOU SELL, YOU PROMISE ME HEAVEN, THEN PUT ME THROUGH HELL

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page


OZZY OSBOURNE

Qui il video su -> YouTube

Ordinay man” (“Uomo qualunque”) dall’albun Ordinary Man, 2020.

Immagine del singolo "Ordinary man" di Ozzy Osbourne.
YES I’VE BEEN A BAD GUY, BEEN HIGHER THAN THE BLUE SKY, AND THE TRUTH IS I DON’T WANNA DIE AN ORDINARY MAN

Da qui vai alla Home Page oppure all’inizio di questa Rock Page