
Nostri Riferimenti
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Fra i nostri riferimenti:
I Blues Brothers (il duo musicale John Belushi – Dan Aykroyd e pure il film di John Landis del 1980). “Sono 126 miglia per Chicago. Abbiamo un serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, è buio e portiamo gli occhiali da sole… Andiamo!”.
L’album “The Wall“ dei Pink Floyd del 1979 (e pure il film di Alan Parker del 1982). “We don’t need no education, We don’t need no thought control, No dark sarcasm in the classroom, Teacher, leave them kids alone” (Pink Floyd, “Another brick in the wall”, 1979) – ASCOLTA SU YOUTUBE.
La poesia “The Raven“ di Edgar Allan Poe (1845). “Deep into that darkness peering, long I stood there wondering, fearing; Doubting, dreaming dreams no mortal ever dared to dream before” – ASCOLTA SU YOUTUBE.
Il film “Blade Runner“ (1982) di Ridley Scott‘ con ‘Harrison Ford, Sean Young e Daryl Hannah. “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”
Le lezioni di Michel Foucault sulla “Ermeneutica del soggetto” (1981 – 1982).
“I’m here in the fields, I fight for my meals, I get back into my living, I don’t need to fight, To prove I’m right, I don’t need to be forgiven“ (The Who, “Baba O’Riley“, 1971).

Una lunga linea unisce Socrate (greco: Sokrates, inglese: Socrates) e Platone (greco: Platon, inglese: Plato) – attivi prima di Cristo – ai molto più recenti pensatori Michel Foucault e Pierre Hadot, attivi nel Novecento. Con i primi due, comincia ufficialmente la “nostra” filosofia. Ma con gli ultimi due essa non finisce. “Nei periodi ellenistico e imperiale, il concetto socratico del «prendersi cura di sé» divenne un tema filosofico comune, universale. La «cura di sé» fu accettata da Epicuro e dai suoi seguaci, dai cinici, dagli stoici come Seneca, Gaio Musonio Rufo, Galeno. I pitagorici si interessarono molto al concetto di una vita ordinata e comunitaria. La cura di sé non costituiva una raccomandazione astratta, ma una attività ampiamente diffusa, una rete di obblighi e servigi resi alla propria anima” (Michel Foucault, “Tecnologie del sé. Un seminario con Michel Foucault”, 1992).
Noi di sokratiko.it ci focalizziamo sull’etica e sul comportamento guardando a una “corrente” di pensiero collocata (in tutto il suo sviluppo), grosso modo, fra il 500 avanti Cristo e il 500 dopo Cristo. Dunque, un modo di pensare sviluppatosi per circa dieci secoli, dalla Grecia antica alla fine della Roma imperiale. Nostri riferimenti sono le filosofie il cui tema centrale è il comportamento di tutti i giorni. “What in the world are we going to do?, Look at what everybody’s going through, What kind of world do you want it to be?, Am I the future or the history?” (Coldplay, “Everyday life”, 2019) – ASCOLTA SU YOUTUBE.

Citiamo volentieri Foucault e Hadot, nonostante la loro immensa distanza di tempo dal periodo filosofico a cui si è fatto riferimento. Consideriamo importanti i loro studi sulla filosofia della “CURA DI SÉ” (greco: “epimeleia heautou“, inglese: “care of self“). Dobbiamo a loro la riscoperta dei temi affrontati in questo sito e legati a nascita, affermazione ed evoluzione di una vera e propria “cultura del sé”. Uno dei momenti iniziali di questo “movimento” filosofico (non unitario) è individuato in Alcibiade I, uno scritto attribuibile a Platone. In esso si riferisce di una conversazione fra Socrate e, appunto, Alcibiade (greco: Alkibiádēs, inglese: Alcibiades) sui temi della conoscenza di sé e della CURA DI SÉ.
PUNTI DI RIFERIMENTO
Alcibiade a parte, tutti i “dialoghi platonici” sono una base per studiare il movimento filosofico da Foucault definito “epimeleia heautou“. L’espressione non è del pensatore francese, ma viene dai testi antichi. Non tutti i dialoghi platonici, però, sono incentrati sulla CURA DI SÉ. Non tutti parlano di chi si è, di cosa si vorrebbe essere, di come si emendano i difetti, di come si coltivano le virtù. Tuttavia, in tutti ci sono richiami a questo atteggiamento socratico con cui nasce una inedita attenzione verso sé stessi.
Tale forma di riguardo verso la propria natura, la propria vocazione e le modalità corrette dello stare al mondo, porta con sé molte questioni. Questioni riguardanti la formazione dei giovani e il ruolo dei maestri, dalla nozione di “paideia” a quella di “phronesis“.

Dopo i secoli di nascita della “CURA DI SÉ”, arriviamo – intorno al 180 dopo Cristo – ai “Colloqui con sé stesso” di Marco Aurelio (latino: Marcus Aurelius Antoninus Augustus, inglese: Marcus Aurelius). Questi “appunti” (scritti da Marco Aurelio in greco) sono storicamente preceduti da numerose opere di Lucio Anneo Seneca (latino: Lucius Annaeus Seneca, inglese: Seneca the Youger).
In mezzo, fra Socrate e gli epigoni di Marco Aurelio e Seneca, registriamo lo sviluppo di filosofie imperniate, comunque, sulla conoscenza di sé. Sono i secoli dello Stoicismo, del Cinismo e dell’Epicureismo, tutte parole utili a classificare e accorpare filosofi con caratteristiche simili. Parole, tuttavia, da non considerare identificative di vere e proprie scuole contraddistinte da unità di pensiero. Inoltre, fra queste correnti filosofiche, ci sono non poche differenze. Per esempio, sono ampie le divergenze fra gli stoici e i followers di Epicuro (greco: Epíkouros, inglese: Epicurus). Nostri riferimenti sono i filosofi della vita e dell’azione rispetto a quelli della teoria. “Everybody wants a piece of the action!, Everybody needs a main attraction!, I got what everybody needs, satisfaction guaranteed!, Everybody wants a piece of the action…” (Sweet, “Action”, 1975) – ASCOLTA SU YOUTUBE.
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PUNTI IN COMUNE NELLA DIVERSITÀ
Esiste un medesimo interesse verso l’introspezione, verso l’analisi della personalità, verso una serie di prescrizioni per stare correttamente al mondo. Un comun denominatore è rappresentato dagli “esercizi” (soprattutto mentali) per allenare il pensiero, per fortificare la mente. Stiamo parlando di “askesis“, cioè di una “ascesa spirituale” da compiere guardandosi dentro, mettendosi in discussione, lavorando su di sé.
Questo tema conduce anche all’ascetismo cristiano. E culmina con un esponente della Patristica quale Agostino d’Ippona (latino: Aurelius Augustinus Hipponensis, inglese: Augustine of Hippo). Le “Confessioni” di Agostino sono un grande esempio della cultura autobiografica e della “conversione” (greco: “metanoia“) come percorso di evoluzione personale. Nostri riferimenti sono le filosofie dello sviluppo personale. “Yes I’m changing, can’t stop it now, And even if I wanted I wouldn’t know how, Another version of myself I think I found at last, And I can’t always hide away” (Tame Impala, “Yes, I’m changing”, 2015) – ASCOLTA SU YOUTUBE.
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LET’S GET IT ON
Nella canzone di Marvin Gaye “Let’s get it on” del 1973, ascoltiamo semplicissimi versi. “We’re all sensitive people / With so much to give” ossia <Siamo tutte persone sensibili / E abbiamo così tanto da dare> – ASCOLTA SU YOUTUBE. Ebbene, per sostenere il “peso” della nostra sensibilità (il mondo non è facile per le persone sensibili), abbiamo bisogno di un addestramento, di un esercizio. Abbiamo bisogno della “askesis” sopra accennata. Inoltre, per poter dare davvero il “tanto da dare” a cui allude Marvin Gaye, dobbiamo prima ottenere una certa auto-realizzazione. Ecco un altro concetto chiave: per dare agli altri occorre essere un po’ pacificati, realizzati, appagati, quindi occorre aver già dato (almeno a sé stessi).

Dare a sé stessi vuol dire compiere diverse operazioni sul proprio carattere, sulla propria personalità, sulla propria anima (coscienza). La “CURA DI SÉ” non ha nulla da spartire con saloni di bellezza e altre banalità. E’ una vera e propria tecnica della buona vita (greco: “tékne peri ton bion“). Nostri riferimenti sono le azioni in grado di migliorare la vita, sia pur in senso non convenzionale.
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FATTI, NON PAROLE
Il pittore e poeta del Barocco napoletano Salvator Rosa (1615 – 1673) aggiunge al suo autoritratto (c. 1645, National Gallery, Londra), un motto attribuito a Pitagora (greco: Pythagóras, inglese: Pythagoras). Il motto è “aut tace aut loquere meliora silentio“ (“o taci o parlando migliora il silenzio”). Ecco, questo è il perfetto “apophthegma” (aforisma, adagio, precetto) per molti filosofi stoici o comunque vicini alla “CURA DI SÉ”.

L’occasione è buona per riconoscere il potere della parola. Frasi brevi, sentenze, detti e massime sono – per la nostra filosofia socratica – non solo un mezzo di trasmissione delle istruzioni. Sono una vera e propria forma di esercizio mentale. Infatti, un aforisma (“apophthegma“) deve essere memorizzato, “rimasticato” durante la giornata e “richiamato” nelle tante occasioni in cui potrebbe tornare utile.
Si tratta delle occasioni in cui bisogna trovare dentro sé la risposta giusta. Per esempio, in una emergenza, in un imprevisto, in una situazione di crisi. Inoltre, per gli autori (ossia per i filosofi impegnati a dare queste regole) la stessa invenzione degli aforismi è un esercizio filosofico. Nostre istruzioni e riferimenti sono frasi e regole utili a vivere bene. “When you’re happy like a fool, Let it take you over, When everything is out, You gotta take it in” (OneRepublic, “Good life”, 2009) – ASCOLTA SU YOUTUBE.
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